Sono 35mila gli studenti americani rimpatriati e 160 gli istituti fermi. Il settore pesa 800 milioni ed è completamente congelato
di Silvia Pieraccini
È come essere stati investiti dallo tsunami e rischiare di perdere (anche) le competenze per la ricostruzione. Le competenze sono quelle dei docenti che insegnano nelle Università americane in Italia, più di 160 istituti concentrati a Roma e Firenze letteralmente spazzati via
dalla pandemia: sedi chiuse, ritorno forzato degli studenti (sono circa 35mila all’anno) negli Stati Uniti nel marzo-aprile scorso e prospettive di riapertura delle scuole che slittano di settimana in settimana fino a sfiorare il 2022. Un settore strategico, che alimenta un giro d’affari stimato in circa 800 milioni di euro, è ora completamente “congelato”.Leggi anche
In questo contesto la galassia di 10mila docenti, formata da dipendenti (perlopiù part time) e liberi professionisti, è in forte sofferenza da più di otto mesi (da maggio, quando si è concluso l’insegnamento online dei corsi primaverili avviati in presenza in Italia). Una sofferenza aggravata dall’inquadramento contrattuale che finora ha esclusi questi docenti dai ristori previsti dal Governo: insegnando in più scuole, essi spesso sommano contratti di lavoro autonomo, parasubordinato e subordinato di poche ore, e per questo non hanno potuto accedere né ai due bonus da 600 euro destinati ai lavoratori non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie; né ai 1.000 euro destinati ai lavoratori non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie che avevano subìto un calo di fatturato nel secondo bimestre 2020 rispetto allo stesso periodo 2019.
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Docenti senza reddito
«Molti docenti sono senza reddito da mesi», lancia l’allarme Matteo Duni, presidente di Asaui (l’associazione che riunisce i docenti delle Università americane in Italia), segnalando il rischio di perdere figure professionali di alto profilo, spesso in possesso di dottorato di ricerca o altri titoli di specializzazione post-laurea, che hanno sviluppato un know how nell’insegnamento in lingua inglese. Il rischio è tanto più forte considerando che alcuni istituti hanno già deciso di cancellare i programmi di studio in Italia a seguito della pandemia. Per aiutare i docenti rimasti senza reddito, Asaui ha provato a bussare alla porta di parlamentari e Governo. In particolare l’associazione chiede il recupero dei tre ristori disposti per le partite Iva per quei docenti il cui reddito provenga per almeno il 70% da lavoro autonomo (sono circa 2.500); e chiede nuove forme di ristoro per i docenti (circa 5.000) il cui reddito è diminuito fortemente nella seconda metà del 2020, indipendentemente dalle ore contrattuali su cui è calcolato il Fis che prende in considerazione una retribuzione oraria assai bassa.
Atenei Usa a Firenze
Vista la forte presenza di Università americane a Firenze, Asaui ha provato a bussare anche alla Regione Toscana, che ha risposto di non poter ipotizzare, al momento, un intervento regionale a sostegno della categoria dei docenti delle Università americane. L’assessora Alessandra Nardini ha però ricordato la richiesta avanzata dalle Regioni al Governo di creare una riserva di risorse per assicurare una copertura a quelle categorie di lavoratori che hanno sospeso o interrotto l’attività in conseguenza dell’emergenza Covid, e che non risultano essere beneficiarie di alcuna indennità dai provvedimenti finora emanati dal Governo. Richiesta che per adesso non ha ricevuto risposta.E pensare che proprio poche settimane fa il settore “study abroad”, che ora è finito in standby, ha ottenuto una spinta (normativa) attesa da anni e anni: il Governo ha modificato il testo unico sull’immigrazione inserendo, all’articolo 38, la dichiarazione di presenza allungata fino a 150 giorni per gli studenti delle filiazioni in Italia di università e istituti superiori di insegnamento a livello universitario: significa che, se gli studenti stranieri si fermano in Italia più di tre mesi ma meno di sei, non dovranno più chiedere il permesso di soggiorno.
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